Una nuova causa cumulativa sulla vicenda Lehman Brothers, la seconda nel giro di un anno, è approdata al tribunale civile di Milano che ha fissato già un’udienza per dicembre. È la prima volta, però, che i distinti casi di un folto gruppo di risparmiatori, 120 per un valore complessivo di 2 milioni di euro, viene riunito in un’unica causa cumulativa (e dunque diversa da una class action) sulla vicenda delle polizze indicizzate a bond strutturati Lehman.
Nel mirino sono finiti i prodotti venduti da Bpl (ora Banca Network) a partire dal 2001, quando c’era ancora la gestione di Giampiero Fiorani, assieme ad Aviva. L’aspetto inquietante della vicenda è che il danno per i sottoscrittori non è stato soltanto quello derivante dal fallimento della banca americana, ma anche dal modello di polizza proposta che, nei fatti, oltre a non dare alcun rendimento provocava nel tempo un’erosione del capitale investito (che nella pubblicità veniva invece garantito) a causa di una serie di commissioni improprie che vi venivano caricate. Elementi, questi, che hanno fatto ravvisare ai legali del Lericom, uno dei comitati che si sono costituiti in difesa dei risparmiatori incappati nel default Lehman (www.tutelalehmanbrothers.it), gli estremi per presentare una denuncia penale per truffa. «Abbiamo ricevuto mandato dal Lericom – spiega Giancarlo Buccarella, il legale che assieme a Pietro Campanini segue la vicenda – di presentare in procura una denuncia penale contro ignoti». Gli eventuali destinatari della denuncia dovranno essere individuati dai magistrati: oggi infatti Banca Network è passata sotto il controllo di Sopaf, Aviva, de Agostini e Banco Popolare. Ma torniamo alle peculiarità delle polizze.
I prodotti venivano pubblicizzati – ma esplicita dicitura era inserita nel contratto – come polizze a capitale garantito, salvo poi aggiungere che in caso di insolvenza dell’emittente dei bond cui erano indicizzate il rischio andava a carico del risparmiatore. Alla stregua di altre polizze indicizzate a obbligazioni Lehman, secondo i legali si prefigura la nullità del contratto legata alla presenza della clausola vessatoria a carico del sottoscrittore. Ma i prodotti venduti da Bpl e Aviva non si fermano lì. «È la prima volta che abbiamo a che fare con polizze che presentano profili di violazione così gravi» chiosa Buccarella. I contratti nel mirino sono di due categorie: polizze index link e polizze unit link.
Nel primo caso nel contratto proposto al risparmiatore non veniva in alcun modo menzionato che la polizza era indicizzata a bond Lehman, ma si indicava solo la presenza della banca americana come “lead manager”, ovvero collocatore dello strumento finanziario. «In realtà c’è un forte conflitto di interessi perchè la banca vendeva i propri bond – dice l’avvocato -. Il titolo era emesso dal veicolo Quartz con sede nel Jersey e comprato da Commercial Union (poi divenuta Aviva), la quale lo vendeva sotto forma di polizza attraverso Bpl. In questo modo, con la interposizione fittizia della Commercial, si collocavano al retail prodotto destinati solo a investitori professionali. I premi versati finivano in un fondo gestito da Lehman». Gli aspetti della truffa sarebbero legati al fatto che in ogni caso il risparmiatore ci avrebbe rimesso: la polizza, nonostante il contratto dicesse il contrario, aveva vari costi di ingresso e in più una elevata commissione di gestione del 5,38% annuo (ingiustificata visto che il fondo era gestito da Lehman e non da Aviva) che inevitabilmente ne erodeva il valore. Questa impostazione diventa ancor più evidente nelle unit link: in queste polizze si specificava che un rendimento sarebbe stato corrisposto solo se il valore delle quote del fondo cui erano indicizzata segnavano un incremento di valore del 20 per cento. Evento impossibile alla luce dell’erosione determinata dalle commissioni applicate.